Libro: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
Collocazione: Collezione privata; altre collocazioni (CNCE 13683)
Tecnica: xilografia
Autore (inventore): Giovanni Andrea Vavassore
Autore (incisore): Hans Holbein il giovane
Iscrizione:
DICTIONARIUM GRAECUM / Cyrilii collectio dictionum quae differunt significato. / Dictiones Latinae Graecis expositae / Ammonii de similious, & differentibus dictionibus. / Vetus instructio, & denominationes …
Descrizione:
Composta da 4 parti che incorniciano l’area del titolo, l’incisione presenta, nella sua interezza, il pinax narrato nel testo greco della Tavola di Cebete, un dialogo composto intorno al I sec. d.C., descrizione di un quadro allegorico e complessa filosofia morale.
Sebbene il testo parli di cerchi concentrici, l’artista ha voluto rappresentare qua una recinzione più grande al cui interno si sovrappongono delle aree delimitate, scelta dettata probabilmente da una motivazione tecnica o dalla ripresa di modelli precedenti. I recinti inoltre non sono tre, secondo quanto narrato, ma cinque e in questi si aggirano diverse figure – di dimensione più grande se messe in relazione con gli edifici presenti nella rappresentazione – identificate da scritte.
Il bordo inferiore presenta il primo recinto. Dei bambini nudi sostano ai lati esterni della porta, che dà avvio al percorso attraverso i vari recinti, al di sotto del quale si trova il Genio – così come indicato anche dalla scritta appesa sotto l’arco – un anziano dalla barba lunga, con un cappello, che tiene un bastone nella mano destra e una pergamena nell’altra. Alla sua destra – all’interno del recinto – una donna seduta su un trono regge una coppa, è la personificazione dell’Impostura. Questa manca del cartiglio identificativo così come le tre figure dietro di lei – le Opinioni – che però possiamo riconoscere dalla lettura del testo greco della Tavola di Cebete.
Un altro gruppo di personaggi occupa l’area a sinistra del primo recinto. Al centro di questo la Fortuna, rappresentata come una donna nuda, con ali sulla schiena, che si regge in bilico su una sfera e porta nelle mani una briglia e una coppa. Questa figura è a sua volta circondata da coloro che hanno ricevuto da lei dei beni – vestiti elegantemente – e da coloro che, non avendoli ricevuti, sono colti in atti disperati. I due gruppi sono indicati nel testo greco come gli Sconsiderati.
Un sentiero che si sviluppa subito alle spalle del Genio – percorso da un uomo più volte ripetuto all’interno della xilografia – invita a procedere sui bordi laterali, dove si dispiegano, da sinistra verso destra, il secondo, il terzo e il quarto recinto, interrotti dal campo centrale del titolo.
Nel secondo recinto – circoscritto non da una recinzione in muratura, ma in legno – una serie di coppie è rappresentata in atti dissoluti: sono le donne meretrici, descritte nel testo, che attirano a sé gli uomini, e che sono indicate come “Luxuria”, “Incontinentia” e “Avaritia”.
Si prosegue poi nel terzo recinto passando dalla porta lignea sulla destra. L’uomo sul sentiero qua si imbatte in due donne che si nascondono nei pressi di un capanno di legno e paglia, indicate dai cartigli come la Tristezza e il Dolore. Una di queste regge nella mano una frusta, oggetto che però nel testo greco è attribuito alla Punizione, qua assente.
Successivamente, nel bordo destro, l’uomo incontra la “Penitentia”. Nel quarto recinto, la “Falsa Disciplina”, ben vestita, con due donne al seguito, riceve l’uomo lungo il suo cammino. Al di sopra troviamo un gruppo di uomini che parlano fra di loro. Continuando sul bordo destro prosegue la strada ai lati della quale sostano personaggi intenti a suonare strumenti musicali, consultare libri e discutere fra loro. La via continua, diventando sempre più impervia, attraverso un terreno roccioso sino ad una porta, al di là della quale il viaggiatore è aiutato dalla “Fortitudo” a salire su un colle. Quest’ultima figura si trova in compagnia dell’ “audacia” che regge due coppe.
L’uscita dal quarto recinto è sulla sinistra, ma prima si incontrano le personificazioni femminili della “Persuasio”, della “Veritas” e della “Vera disciplina”, rappresentata in piedi su una pietra quadrata, con un’aureola (il testo, in realtà, la descriveva seduta).
L’artista quindi, per motivi a noi sconosciuti, scompone nei primi tre recinti quello che nel testo greco fa parte del primo recinto e nel quarto rappresenta il secondo recinto.
Le parti superiori dei bordi laterali dell’incisione chiudono, infine, l’ultimo recinto, dove l’uomo raggiunge la Felicità, rappresentata nel bordo superiore.
Subito dopo l’entrata, negli angoli a sinistra e destra del recinto, un gruppo di donne sono indicate come le “Virtutes”. Vi sono sette donne o virtù (nel testo erano nove) tra le quali si riconoscono, sulla sinistra, la personificazione della Giustizia, con gli attributi della spada e della bilancia, e un’altra donna vicino a lei con una spada e un libro aperto (?). Dietro di loro una terza sembra reggere un cartiglio tra le mani (?).
Sulla destra una donna regge una pala e un’ancora (forse la Speranza), una suona l’arpa, una regge un modellino di una torre e un piccolo scudo e un’altra un modellino di una chiesa.
Tra le virtù un imponente castello fortificato, sopra cui sventola un cartiglio “arx verae felicitatis”; mentre davanti, su un elegante trono coperto in parte da un drappo, siede la Felicità con aureola e corona, nell’atto di incoronare un uomo che dà le spalle all’osservatore. Agli angoli superiori dell’incisione ci sono delle nuvole.
L’incisione prende come modello la versione D della Tavola di Cebete con lievi cambiamenti e dettagli. Esistono, infatti, quattro varianti di questa incisione, denominate A, B, C e D, realizzate a Basilea tra il 1521 e il 1522, come frontespizi, che la maggior parte degli studiosi associa, per quanto riguardo l’ideazione del disegno, alla mano di Hans Holbein il giovane (1497-1543).
Il frontespizio è stato usato per illustrare il Dictionarium graecum di Giovanni Crastoni pubblicato a Venezia il 24 dicembre di quell’anno da Melchiorre Sessa e Pietro Ravani.
L’uso di questo tipo di figurazione per illustrare un dizionario latino-greco si ricollega all’importanza che il testo greco della Tavola di Cebete aveva avuto nello studio della lingua.
Parole chiave:
Agostini, Giorgia. Dal testo all’immagine: la Tavola di Cebete e la sua iconografia in Italia nel Cinquecento. Tesi magistrale. Università di Pisa, 2019: 41- 47; 205-6.
Allegorie:
- Audacia in frontespizio: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Avarizia in frontespizio: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Dolore in frontespizio: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Felicità in frontespizio: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Fortuna in frontespizio: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Genio in frontespizio: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Impostura in frontespizio: DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Incontinenza in frontespizio: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Marca di Melchiorre Sessa e Pietro Ravani: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Tristezza in frontespizio: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Vera disciplina in frontespizio: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525
- Virtù in frontespizio: Giovanni Crastoni, DICTIONARIUM GRAECUM, Venezia, 1525