Demogorgon è raffigurato come un vecchio uomo dalla lunga barba, seminudo, pigramente sdraiato dinnanzi ad una caverna, mentre abbraccia il mondo e tiene in mano uno scettro. Dalla sua bocca esce del fumo, e da questo soffio caotico si originano gli elementi naturali, rappresentati dagli attributi di quattro divinità (i fulmini di Giove per il Fuoco, il pavone di Giunone per l’Aria, il tridente di Nettuno per l’Acqua, ed il forcone di Plutone per la Terra).
Nell’opera “In Statii Thebaida commentum”, il grammatico Placido Lattanzio (IV-V sec. ca) cita il δημιουργόν come il sommo dio del triplice mondo inteso da Stazio durante un rituale arcano eseguito da Tiresia.
La traduzione amanuense dei secoli successivi ha mutato tale nome in svariate forme (tra le quali Demogorgon).
Osservazioni iconografiche
E’ diversa la sua natura di “primus omnium deorum pater” e di “deus inferus” attribuitagli da tanti autori, tra i quali Lucano, Stazio, Boccaccio e van Mander, rispetto a quella del Demiurgo, citato nel “Timeo” di Platone come entità mediatrice e plasmatrice della materia.
-Imagination in the Chamber of Sleep: Karel van Mander on Somnus and Morpheus, in: Image, Imagination and Cognition, ed. Paul Bakker, Christoph Lüthy, Claudia Swan, and Claus Zittel, Intersections, vol. 55 (Leiden: Brill, 2018), pp. 147–176.
-Giovanni Boccaccio, Genealogia deorum gentilium, ed. and tr. Jon Solomon, Book 1 Preface 2 (2011)
-Lattanzio, In Statii Thebaida commentum, I, recensuit R. D. Sweeney, Stutgardiae et Lipsiae, Teubner, 1997, p. 293.
